Il titolo suona alquanto bizzarro in realtà è uno degli aspetti più interessanti di HeatTurn. Per adesso abbiamo parlato di come si combatte, chi sono gli HeatTurners, perché lo fanno e altro ancora “trascurando” a volte un elemento fondamentale: Il DOPO. Colpi sferrati con troppa violenza, ossa quasi rotte, muscoli spappolati e corpi impallinati dagli Shy Shots. Quello che viene spontaneo chiedersi è cosa resta degli sfidanti al termine di un incontro senza esclusione di colpi o una Caccia senza tregua.
Non trattandosi di un torneo di kung fu né di una gara di soft-air, verrebbe da pensare a una carneficina e fortunatamente non è così. Come già detto, nessuno comincia gli allenamenti se non ha passato le selezioni dei Talent Scout e questo non implica semplicemente dover mostrare l’età e le capacità atletiche idonee, ma impone anche di presentare referti medici e informazioni essenziali sul proprio stato fisico e psicologico. È risaputo che alcuni aspiranti concorrenti hanno fatto carte false pur di partecipare e infatti hanno avuto dagli organizzatori il ben servito con un’espulsione per niente dolce. Nel breve estratto che segue, leggiamo l’esperienza diretta sul campo del Dottor X, il capo della sezione paramedica di HeatTurn.
“Sebbene non uccidere l’avversario sia la regola principale, sappiamo come in uno scontro di HeatTurn, l’istinto di sopravvivenza e la volontà di vincere portano i combattenti a non pensare più a nessun tipo di conseguenze né durante né dopo l’incontro. Tutti gli HeatTurners, arrivati al giorno del duello, hanno ricevuto una ferrea preparazione per la quale devono essere in grado di arrivare alla vittoria senza arrecare eventualmente grossi danni agli avversari, quindi, gli accertamenti che confermano il loro stato di salute al cento per cento sono decisivi al fine di approvare l’ingresso nel circuito.
La presenza di arbitri moderatori è costante e possiamo dire che non è mai scappato il morto, ciononostante non sono mancati casi estremi per questo le nostre equipe di paramedici vigilano e sono sempre presenti. Poco prima di scendere in campo, sottoponiamo gli HeatTurners a controlli medici e li assistiamo ultimato il match. Ferite e fratture anche di importanti livelli non mancano praticamente mai così entriamo in gioco noi. Nessuno è quasi uscito invalido, ma poco ci è mancato, nei i casi più gravi forniamo le cure necessarie fino alla guarigione e a sorpresa non fatichiamo a trovare volontari in tutta Italia. Addirittura ci sono persone che una volta guarite e tornate ad allenarsi per i prossimi incontri, danno una mano dove possono e partecipano a corsi e seminari sul pronto intervento. È una cosa sorprendente perché quando li vedi scontrarsi penseresti che dietro la maschera ci siano delle macchine di morte senza pietà, poi finalmente torna il loro lato più umano. Non mancano quelli che s’informano su come stanno gli avversari sconfitti e noi siamo lieti di fornire sempre il maggior numero di dettagli possibili. Non sono tanti ma qualcuno lo fa.
Abbiamo parecchio da fare e a dirvi la verità, nessuno si reca in un ospedale a meno che non sia proprio necessario. Gli unici sfidanti che non mi sono stati assegnati sono quelli delle Heat Towns, a essere sincero non sono concorde con questo tipo di torneo e ho già espresso il mio pensiero agli organizzatori di HeatTurn. Nelle Heat Towns ci sono squadre speciali di recupero specializzate soprattutto in rianimazione. Anche nel mio staff ho parecchi membri qualificati in materia, ma non trattiamo questa disciplina e come andrà a finire là dentro, con esattezza non lo sappiamo.”
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