“Cosa cerchi puoi saperlo soltanto tu… cosa ti aspetta te lo mostriamo volentieri noi!”
Si dice sia l’unico Regno in cui i cancelli restano sempre aperti. Seguire il proprio obiettivo è ciò che conta senza farsi troppe domande perché diventerebbe nocivo, credere di ricevere delle risposte sull’immediato, sarebbe addirittura diabolico. Il permesso per accedervi va chiesto a se stessi abbandonando per qualche istante quel ruolo di animali sociali che nessuno ad essere sinceri, ci ha mai veramente affibbiato. Fino a qui le direttive sembrano chiare. Non vedo miraggi, non avverto minacce.
È un viaggio sul filo del rasoio dove l’ansia cede il trono all’adrenalina per un imminente salto nel buio. Lo slogan è forte, proverei a sorridere ma preferisco distrarmi con una riflessione più alta: non sentire per una volta il bisogno di nessuno! Ed è quando tutto quadra che a sorpresa nulla torna. Effettivamente pensare non significa credere e se volessi andare avanti a fare lo stronzo farei finta di non capire.
Con inconscia perversione, assegno il compito a “qualcosa o qualcuno” di assistermi durante il cammino, sperando non si tratti di un’entità in carne e ossa. A buon viso e cattivo gioco sarebbe la strategia vincente, riuscire a liberarsi da ogni vincolo umano affidandomi in sordina agli umani ma per orgoglio scelgo di schiantarmi contro la più grande risorsa che uomini e donne abbiano mai avuto fin dall’inizio dei tempi; il confronto e la condivisione.
Torno così a riflettere quanto le mie interazioni sociali siano state banali o profonde. Calcolare con esattezza la media risulta tortuoso, la mente è offuscata dalle prime cancellate che scorgo in lontananza ma soprattutto comincio ad avvertire un calore stranamente rilassante. Solo smarrendomi nelle sue vie scoprirò presto per quale cazzo di motivo volevo così tanto entrare nel Regno a patto che rispetti l’unica regola d’accesso. Varcare un’enorme porta di acciaio e scegliere tra due soluzioni, affrontare quello che mi aspetta e raggiungere gli infiniti cancelli o tornare da dove sono venuto.
È bastato appoggiare il palmo della mano sul gelido portone per spalancarlo. L’aspetto gigante e sinistro non può certo inquietarmi dopo essersi aperto con la leggerezza di una piuma. C’è una stanza luminosa, silenziosa, senza alcun oggetto presente. Dall’altra parte c’è un altro portone identico a quello che ho appena passato. Il primo si richiude emettendo un rumore frastornante… qualcosa o peggio qualcuno mi fissa a pochi metri da me. Non sono solo.
Non parla, non si muove, sembra voglia ipnotizzarmi seppur fatico a incrociare il suo sguardo. È impossibile stabilire chi sia, se un uomo, o una donna. Indossa una maschera. Nella più banale delle ipotesi un sogno può trasformarsi in un incubo e il miglior amico assume le sembianze del peggior nemico.
Prendo coraggio e faccio il primo passo. Scoprire se il caldo, ormai insopportabile, sia già presente nella stanza o fuoriesca dal mio corpo è semplice utopia. Forse adesso non esistono né amici né nemici. La certezza di aver trovato la chiave per aprire il prossimo portone pare invece tangibile.
Brandisce improvvisamente una lunga bacchetta nera, liscia e acuminata. Fa volteggiare l’arma con entrambe le mani, mostrando di saperla usare molto bene. Intuisco le sue intenzioni dalla minacciosa grazia dei gesti, precisi e sincronizzati come le ali di una farfalla. È una sfida destinata a finire nel sangue. L’importante è uscirne col sorriso perché penso a questo punto che i tanto bramati cancelli rappresentano i mille ingressi verso il Regno della vita.
Al momento sono solo arrivato nell’anticamera dell’esistenza, di fronte a una possibilità di condivisione… di fronte al mio Avversario nella sala del calore!
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