Quando incontrai per uno strano caso del destino i folli creatori di HeatTurn, cercai di capire cosa li avesse spinti a fondare un fight club di questo tipo. Domande e risposte si alternarono con una velocità impressionante fino ad arrivare alle porte di un mondo affascinante e ancora troppo misterioso. Un manto di emozioni avvolgeva questo universo fatto di sfide, violenza, riflessione, amore e sentimenti di ogni genere.
Alla domanda iniziale sul perché era nato HeatTurn ancora non avevo avuto una risposta ma fu chiaro da subito una cosa. A loro serviva l’aiuto di “un cane sciolto per un duro lavoro”, un incarico speciale che non arriva tutti i giorni.
Non dovevo spaccare ossa né regolare conti, non preoccupatevi, nessuna di queste stronzate. Il mio compito sarebbe stato invece un altro, osservare! Prendere il ruolo di un esterno e sempre presente esaminatore della quotidianità di HeatTurn in tutte le sue sfumature, del suo chiaro e oscuro gongolarsi giocosamente nelle vite di uomini e donne pronti a far parte di un’avventura senza tempo.
Nell’anonimato totale ho cominciato così a vagare tra gli abitanti del suo popolo, libero di vedere e toccare con mano una nuova realtà, raccogliere dati, esperienze e testimonianze da chi HeatTurn l’aveva conosciuto veramente e dare attraverso questa impresa, la possibilità di scoprirlo a chiunque ancora vorrà farlo.
Perché un duro lavoro? Perché raccontare è come immergersi, distaccarsi, andare lontano per poi tornare indietro, è come combattere e nel bene o nel male, tutti lottiamo per qualcosa da raccontare.
Jack Worldness & the Jack Heat Squad
ATTENZIONE: per una questione di privacy non mostriamo i veri concorrenti di HeatTurn né i membri del suo staff ma solo foto di riferimento all’argomento trattato. Le immagini sono state modificate esclusivamente per questo sito.
Fonte originale © stokkete/Fotolia (Environmental disaster)
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